lunedì 30 giugno 2014

Tex "Texone" L'Orda del tramonto di Roi e Rujo. Appunti in dislettura



Claudio Di Scalzo
“ IL VOLTO NEL TRAMONTO DEL SIMBOLO TIEN DI CONTO”

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Ho come compagnia notturna “L’ORDA DEL TRAMONTO”. Per una sorta di “Piacere del fumetto” di barthesiana eco ne leggerò soltanto alcune pagine. In questo racconto lungo a fumetti - non mi garba l’appellativo/semplificazione di “Texone” - con personaggio icona tutto funziona: anche il connubio Rujo-Roi a partire da queste “erre” e vocali che dilatano nella contrazione la percezione di qualcosa in germinazione. C’è del dannunzianesimo non voluto nei cognomi degli autori. Quanto a fondante evocazione d’atmosfera. A me manca il pineto. E, non sto scherzando, ho pensato di leggere il volume a Viareggio, a luglio, in pineta. Poi non ho resistito a questo sondaggio dell’una di notte. Credo che questo “racconto per immagini western”, forse per la prima volta, apra, grazie ai disegni di Roi, ad una riuscita compenetrazione con altri universi visuali, metti il simbolismo teatrale. C’è una teatralizzazione dei gesti, una misura del simbolico, che soltanto questo tipo di disegno può consentire. Anche il volto di Tex, che ha avuto tanti interpreti di talento, assume la trasfigurazione nel celato-rivelato. Tento di spiegarmi. Il Tex di Roi rappresenta anche la gestualità onirica. E non è suggestione perché l’ho letto disegnatore di altri personaggi prepotentemente vocati a questo, no, l’onirico, l’oscuro, funziona ancor più con un personaggio rivelato, a volte anche linguisticamente, come Tex. Questa innovazione segnica è un crinale. Direi quasi una nuova germinazione, possibile, in materia di rappresentazione di Tex. Qui mi fermo. 





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LA QUESTIONE DEL VOLTO-PUNTO DI VISTA

Dalle prime tavole, de “L’orda del tramonto”, l'aspetto evidente è che il disegnatore, Roi, ha trasferito, in dialogo con la sceneggiatura, Rujo, stilemi gotico-onirici-tenebrosi nelle vicende texiane, andando oltre a quelle che fan parte di racconti a pennello di Lettieri o Galep con Mefisto ecc, perché qui il punto di vista del protagonista Tex, sulle vicende, non è più quello del confronto con lo spettrale nelle vicende umane, ma con il Male dettato o suggerito dall’amore-possesso verso la donna: ciò cambia conseguentemente il suo volto. A me appare uno snodo. E leggendo la vicenda ho prima pensato che dialoghi, narrazioni, dettate da Rujo ben dentro la linea storico- linguistica di Tex e dei suoi pards fossero un limite a quanto il segno di Roi invece spingeva verso un linguaggio meno codificato; poi, ricordando che il fumetto Tex ha la sua tradizione da rispettare pena uno stravolgimento che il lettore medio non approverebbe, ho pensato che questa dialettica era funzionale: molto funzionale: tra tradizione e innovazione. Siamo dinanzi a una scommessa stilistica.  Poi se le contaminazioni, simbolistico-decadenti, produrranno sequenza nelle future storie non lo so. Ravviso però che oggi Tex potrebbe avere due linee, come da sana tradizione estetica: una linea-classica-classicista di Pasquale Del Vecchio e l’altra appunto, di Roi, più simbolistico-decadente. Tra questi due poli le dinamiche di tanti altri valenti disegnatori.




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